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Gelsi

Tantissimi anni fa, mia madre ed io eravamo affacciate al balcone di casa quando un uomo cominciò a gridare qualcosa che non capii. - Mamma chi abbannia chiddu? Indicai l'uomo che aveva una cesta in mano. - Letì, ddu cristianu vinni cielusi, aspè ca ti fazzu tastari! - Signò Lè!, vinissi duocu! Quello si avvicinò sotto il nostro balcone e mia madre si informò quanto costassero i gelsi e poi mise i soldi rintra u panaru e u calò. Tirò su la corda e nel fondo del paniere apparì una grossa foglia di fico con al centro dei frutti rossi tendenti al nero. - St'accura figghia mia ca t'alluordi tutta! Porgendomi la foglia col suo contenuto. La prima volta che assaggiai quel frutto russu e zuccarusu, che inebriò il mio palato, diedi ragione al venditore di gelsi che gridava ai quattro venti che quel frutto era rinfrescante. Solo che, mangiandone una notevole quantità, mi cominciò a far male la pancia senza contare il fatto che avevo le mani e la bocca macchiate di rosso. Comunque, l’amore per questo frutto non è diminuito nel tempo. Qualche anno fa feci una grande scorpacciata di gelsi neri ai piedi delle Grotte della Gurfa ad Alia, cogliendoli direttamente dal maestoso albero, come dire: dal produttore al consumatore.

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